martedì 22 novembre 2011

SerenaMente

Si, serena. In contrasto con l'aria grigia ed uggiosa di un consueto martedi di fine novembre, la mia mente si apre al giorno con una strana luce. Le piace il silenzio della casa sveglia per metà, il tiggì quasi muto per non disturbare, preparare la colazione, programmare la giornata o meglio immaginare come sarà. Mi sorprende tale calma interiore dopo l'ennesima notte trascorsa a parlare con i pensieri, ad elemosinare un'ora di sonno ininterrotta. E' il presagio ad un nuovo giorno, mi dico. A mezz'ora dal risveglio le gambe cominciano a scalpitare, a chiedere di uscire, come due cagnolini scodinzolanti fanno con un assonnato e pigro padrone. Fuori piove ma sono fiduciose che presto smetterà. Sorseggio tranquilla il mio esterofilo american coffee rielggendo una di quelle pagine di giornale che mi hanno lasciata incredula e senza parole in un fine settimana denso di spiacevoli avvenimenti, uno di quelli in cui ti rendi conto che il marcio è ovunque, più vicino di quanto pensi, e che non puoi ignorarlo. Un insistente beebeep mi ricorda che il bucato gradirebbe esser steso ad asciugare. Comincia ad albeggiare e senza pensarci vesto i panni di ogni mattina, li scelgo leggeri, T-shirt, k-way e calzonicini, voglio sentire la pioggia sulla pelle. SerenaMente muovo i primi passi, rilassati, leggeri, lo scricchiolio del ginocchio sinistro è l'unico elemento di disturbo. Esco con i suoi occhi negli occhi, quegli occhi che è cosi strano vedere aperti a quest'ora! Sento solo il fiato caldo, il rumore delle gocce di pioggia ed i passi sull'asfalto scivoloso. Eppure mi sembra di sentire tutto ciò che c'è da sentire. Batto un percorso cittadino, pensando che i balconi e qualche androne mi avrebbero fatto comodo in caso di temporale. Mi arresto a malincuore allo scadere dei 45', vorrei non sentire il fischio dell'arbitro, fine primo tempo, tutti a prendere un tè caldo direbbe qualcuno alla tv. Non mi aspetto di trovare un allenatore ad incitarmi, nè un massaggiatore ad alleviare le fatiche di questa prima frazione di gioco al rientro negli spogliatoi. Mi basta il suo abbraccio, un sorriso ed una doccia calda per riscendere in campo e andare in pressing, alto, asfissiante a sterminare l'avversario. Chiuderlo nella sua metà campo, senza lasciarlo venir fuori, almeno per questa ripresa, per questo giorno a cui voglio sorridere con le gambe, il cuore e la mente. ForteMente, VeraMente, CostanteMente, SinceraMente, SerenaMente.

sabato 19 novembre 2011

Un eloquente attimo di eterno

Quanta vita è passata dall'ultimo post. Quanta. Tanta. Migliaia di km nelle gambe, nei polmoni, sotto i piedi, nelle scarpe nuove che si fanno vecchie in un baleno. Quanti sogni infranti, traguardi sfiorati, delusioni incassate, dolci scoperte, amici persi e ritrovati. La prima maratona vinta per caso, il record personale sulla mezza distanza. I primi giorni senza forza motrice, quella che dalla testa va dritta alle gambe. Quanti libri iniziati e lasciati a metà. Pochi letti e stipati nel cassetto dell'anima. Quanti viaggi su e giù per l'Italia, passati a pensare, a volte a piangere, altre a sorridere senza un perchè. Quanta bella famiglia, quanta cara solitudine. Una solitudine che cerco troppo spesso, che sembra non mia eppure lo è. Quanta solitudine che mi fa schiva, sfuggente, che a giorni mi spegne lo sguardo ma che a volte mi accende il sorriso. Quanto lavoro, quanta passione messa lì senza un perchè. Quanti nuovi sguardi che mi sembra di conoscere da sempre, e quanti vecchi che mi pare di non riconoscere. Quanti puntini sospensivi, domande inevase, risposte inattese. Pochi giorni iniziati da fermo, tanti messi in moto dalla mia corsa in ogni dove. Corsa che non si preoccupa di tempo e spazio. Corsa che si crogiola nell'affanno e rallenta, corsa che si esalta per i momenti di forma e allora si infiamma di autentico ardore. Vorrei contare i pensieri, provare a srotolarli e rovesciarli su un pavimento di marmo bianco. Freddo, fermo ed immobile...che mi aiutasse a mettere ordine. Vorrei guardarmi dentro e vedere oltre la coltre di nebbia. Vorrei uscire, adesso, e urlare alla vita per chiederle dovecazzovai. Machicazzosei, chedirittohai. Chiederle da dove tira fuori certe novità, senza chiedere permesso. Chiederle perchè vuole sempre averla vinta. Chiederle perchè, nonsostante tutto, sia il mio unico grande amore. E dirle anche che quello che ne è stato di lei in questo lungo silenzio non è altro che un eloquente attimo di eterno. Trascorso correndo. Trascorso vivendo.